Friday 11 March 2011

Il mio regno per un PR manager!

di Rinaldo Francesca

La situazione era rovente: il popolo era là fuori, per le strade, in piazza, a urlare all'unisono le sue condizioni. Voleva democrazia, libertà. Voleva essere governato da persone che avessero ricevuto il suo voto, non da quel dittatore a capo dell'orrenda giunta militare che, trincerata nel suo palazzo, scatenava l'esercito per sparare sui dimostranti – sulla sua stessa gente – e già c'erano stati dei morti. [1]
Amnesty International parlava di “arbitrari arresti di massa e maltrattamento di prigionieri”. [2]
E tuttavia, con gli occhi del mondo puntati su di lui, Barack Obama rimaneva inamovibile: gli Stati Uniti non sarebbero intervenuti.
Eh no cari, diceva il Saggio Presidente, non si poteva continuare così, con quest'ipocrisia da sinistroidi: criticare costantemente gli USA per essersi sempre impicciati dei fatti altrui, e adesso – tutt'a un tratto – mettersi a frignare perché non veniva alzato un dito per andare in soccorso al popolo dell'Honduras.
Oops, scusate: dobbiamo aver estratto questo file per errore!
Si cercava qualcosa – ovviamente – riguardo all'entusiastico interventismo nell'attuale situazione che ribolle e spaventa, laggiù, in quel della Libia... e guarda un po' tu che cosa ci va a capitare sotto gli occhi! Io e le mie mani maldestre! Vi chiedo umilmente scusa.
Ebbene sì, la roba che avete appena letto risale a un anno e mezzo fa, in quella cocente estate del 2009. Una giunta militare aveva fatto irruzione nel palazzo del presidente Manuel Zelaya nel cuore della notte, arrestando un presidente democraticamente eletto per installare un governo provvisorio, con a capo un tal Roberto Micheletti (certo: quando si tratta di dittature militari di stampo fascista, diciamo che un caro, vecchio cognome italico è un po' come un marchio di garanzia).
Il peccato mortale commesso da Zelaya, a quanto sembra, era stato di elevare il salario minimo sindacale – una mossa molto maleducata nei confronti delle multinazionali della frutta che nell'Honduras sottopagavano la loro manodopera (Dole, Chiquita, etc). [3]
La reazione al colpo di stato da parte del popolo dell'Honduras fu allora inequivocabile: gli honduregni rivolevano il presidente per il quale avevano votato; senonché il loro presidente non aveva più alcun controllo sulle forze militari che disinvoltamente sparavano del più e del meno sulla folla, pestando, arrestando e brutalizzando i cittadini solidali con Zelaya. Fu allora che, in mezzo a vaghe menzioni sulla necessità di lasciare che fossero gli honduregni a trovare il compromesso ideale per loro, che garantisse un solido e prospero avvenire, etc etc, il presidente Barack Obama fece questo discorso, che non siamo riusciti a resistere dal riesumare:

“Gli stessi critici che dicono che gli Stati Uniti non sono intervenuti a sufficienza sono poi le stesse persone che dicono che interveniamo sempre, e che gli Yankees devono andarsene dall'America Latina. Se questi critici ritengono appropriato che noi ci mettiamo improvvisamente e comportarci in modi che in un qualsiasi altro contesto essi riterrebbero ingiusto, allora penso che ciò sia forse indice di una grande ipocrisia nel loro approccio alle relazioni tra gli USA e l'America Latina”. [4]

Perché, sia chiaro a tutti: se c'è una cosa che il presidente Obama non sopporta, sono gli ipocriti.
Allora confrontate questo discorso - se vi va - con un altro, a proposito della situazione in Libia, fatto solo una settimana fa dallo stesso signore:

“Ciò di cui voglio essere sicuro è che gli Stati Uniti abbiano piena capacità di operare e agire, potenzialmente con rapidità, nel caso la situazione deteriorasse in modo da risultare in una crisi umanitaria, o in una situazione in cui civili senza difese si ritrovassero intrappolati e in pericolo”. [5]

Mio eroe! Piena capacità di operare e agire – per chi non lo avesse capito – significa spiegamento delle forze armate, in tutta la loro possenza.
Allora aiutateci Voi: una popolazione di sette milioni in America Centrale. Un'altra di sei milioni in Nordafrica. Entrambe risolute a cacciare lo spauracchio antidemocratico fuori dal palazzo del potere – o così ci è stato detto. Entrambe in pericolo – o così ci è stato detto.
Che cos'è che ha fatto sì che solo nell'Honduras non vi fosse alcuna fretta di assicurarsi “piena capacità di operare e agire”?
Vi prego, diteci che si tratta di qualcosina di più che l'essersi scelti il giusto PR manager!
Eh sì perché, vedete, la giunta militare del colpo di stato nell'Honduras ebbe perlomeno la lungimiranza di assumere un eccellente curatore d'immagine: tal Lanny Davis, esperto lobbista e (rullo di tamburi) da sempre PR manager della famiglia Clinton!
Ta-daaa!
Allora, sta veramente lì il segreto? È stato dunque questo l'errore del colonnello Gheddafi?
Tsk-tsk, Mu'ammar, quante volte ti è stato detto e ripetuto: prima bisogna assumere il giusto curatore d'immagine, poi – eventualmente – la “badante” sexy...
Lo ha imparato persino il tuo fedele Silvio!

[1] Army take street in Honduras - whiffs of Coup d'Etat, 26 giugno 2009, disponibile qui:
http://www.indymedia.ie/article/92883
[2] Photos and testimony of protestors show extent of police violence, Amnesty International, 16 agosto 2009, pubblicato su:
http://www.amnesty.org/en/for-media/press-releases/honduras-photos-and-testimony-protestors-shows-extent-police-violence-20
[3] John Perkins: Speaking of Democracy, Honduras, and President Obama, 5 agosto 2009; vedere:
http://www.globalresearch.ca/index.php?context=viewArticle&code=PER20090805&articleId=14658
[4] Anna Aulova: Obama Knocks "Hypocrisy" of Honduras Critics, CBS News, 10 agosto 2009, reperibile qui:
http://www.cbsnews.com/8301-503544_162-5230498-503544.html
[5] Massimo Calabresi: Obama Refines Talk of Libya Intervention, Time, 4 marzo 2011, disponibile su:
http://www.time.com/time/nation/article/0,8599,2057191,00.html

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