Friday 17 June 2011

La fine della Guerra alle Droghe?

di Rinaldo Francesca

È con mestizia nel cuore e un dignitoso atteggiamento di funebre austerità che noi della redazione di Àp0ti ci troviamo a dovervi annunciare la (possibile) vicina dipartita di un'istituzione – macché, di un ideale – che, dopo averci accompagnati per così tanti anni e aver dimorato così vicino ai nostri cuori, non ci permette nemmeno di immaginare una vita tollerabile in sua assenza.
Ebbene sì, sembra che ormai siano sempre più numerose le istituzioni internazionali che, insensibili al nostro dolore, facciano a gara a indicarci quali e quanti siano i sintomi di una prossima morte, agonizzante e poco dignitosa, riservata alla un tempo gloriosa Guerra alle Droghe. Sigh!
Un ulteriore chiodo sulla bara di ciò che fino all'altro ieri credevamo l'ultimo baluardo di difesa per la nostra gioventù è stato impietosamente piantato dalla Global Commission on Drug Policy che, in un suo rapporto pubblicato due settimane fa, [1] non esita a definire l'intera performance dell'ultimo decennio e mezzo come un totale fiasco, citando svariati effetti negativi rilevati dall'ex Direttore Esecutivo dell'Ufficio delle Nazioni Unite per Droghe e Crimine, Antonio Maria Costa (effetti negativi causati direttamente dalla Guerra alle Droghe), nonché uno studio delle Nazioni Unite che rivelerebbe – tra altre cose – che la consumazione di oppiacei nei soli Stati Uniti è aumentata di più del 33% fre il 1998 e il 2008 (se fossimo in un talk show italiano, sarebbe questo il tradizionale momento dell'obbligatorio, scrosciante applauso del pubblico).
Lo so, lo so, direte voi giustamente, ci si vede poco chiaro quando conclusioni simili ci sono spiattellate da un pannello costituito da figure quali – prendiamo a caso – l'ex segretario di stato USA George P. Shultz, l'eurocrate, ex rappresentante dell'Unione Europea Javier Solana, l'attuale primo ministro greco, nonché cocco dell'élite bancaria anglo-americana George Papandreu, l'ex governatore della Federal Reserve Paul Volcker, etc etc, ed è un po' difficile scrollarsi di dosso l'impressione di stare assistendo a un braccio di ferro tra due vertici dell' élite - seduti ai due lati della legalizzazioone di certe droghe – nel quale la salute e il benessere dei cittadini non c'entrano una favazza – per usare un termine scientifico, che ci sta sempre bene.
Soprattutto quando poi ci si ricorda che, a novembre dell'anno scorso, fu nientemeno che il burattinaio professionista e miliardario George Soros – altro personaggio del quale è lecito ritenere ogni azione e parola come motivati dalla prospettiva di immensi guadagni – a donare con nonchalance un milioncino di dollari alla causa della liberalizzazione della cannabis durante quel referendum che si tenne in California l'autunno scorso. [2]
Non solo: siamo certi che non mancheranno di aggiunersi alle vostre obiezioni anche le voci di taluni adorabili buontemponi ad ammonirci che, non fosse altro che per fare dispetti ai suddetti plutocrati, sarà dunque necessario fare tutto il contrario di ciò che essi auspicano, mostrandosi risolutamente contrari a ogni cambio di direzione, previa ovviamente essersi sincerati che non sia proprio questa la mossa che essi anticipano e pregustano.
OK, tralasciando la nostra confusa ammirazione per detti buontemponi – e per la disinvoltura con la quale sembrino dimenticare, per esempio, i 38.000 morti causati dalla militarizzazione della Guerra alle Droghe nel solo Messico [3], da quando Felipe Calderon divenne presidente nel 2006 (grazie, qualcuno afferma, alla sua patrona e protettrice Santa Fraude Electoral Virgen y Martir), assumendo da quel punto in poi il pugno duro contro le droghe – temiamo, ahimé, che ormai sia troppo tardi: la Guerra alle Droghe sta esalando gli ultimi respiri, che la cosa ci piaccia o no, e si ritiene che le élites stiano già da un pezzo ripensando il loro approccio a questo lucrativo ma controverso commercio.
Ahi-ahi, quanta nostalgia: sembra solo ieri quando, all'inizio degli indefinibili Anni Novanta, l'ex presidente USA George Herbert Walker Bush ci rammentava, moglie al suo fianco nell'idillico setting della Casa Bianca, di come le droghe e l'alcol potessero rovinare la nostra vita, lanciando in TV una serie di cartoni animati che, a mo' di parabola, illustrassero questo concetto (vedi video) per la gioventù americana.

E, se ci permettete una breve digressione, quanto più interessante sarebbe stata questa serie di cartoni animati, se solo i produttori avessero pensato di includerne uno basato – che so io – sulle mitiche figure storiche di personaggi come Samuel & William Huntington Russell, fondatori della Russell & Company (che fece la sua fortuna tra il 1824 e il 1842 vendendo enormi quantità d'oppio in Cina) nonché fondatori della misteriosa confraternita universitaria per le élites di Yale, la Skull and Bones Society (a cui i membri della famiglia Bush appartengono orgogliosamente da tre generazioni). [4]
Ad ogni modo, erano quelli i tempi in cui, terrorizzata dal crollo del blocco sovietico e dall'ufficiale conclusione della Guerra Fredda, l'amministrazione Bush I – già di per sé affetta da quello che i media chiamavano “the wimp factor” (il fattore pusillanimità) – metteva freneticamente in moto i migliori cervelli a sua disposizione acciocché un nuovo nemico fosse prontamente inventato, il cui spauracchio permettesse di continuare a perpetrare aggressioni militari qua e là per il mondo; una missione non da poco, in una simile, inquietante atmosfera, dove “giustificare enormi budget militari e basi in tutto il mondo [era diventato] sempre più difficile, [anche se] le spese militari degli Stati Uniti continuavano a costituire almeno il 39% delle spese militari mondiali”. [5]
La situazione era drammatica: come far sì che gli amichetti delle lobby degli armamenti continuassero a prosperare? Bisognava inventare qualcosa, e presto!
Certo, si sarebbe potuto continuare a espandere l'altrettanto fasulla Guerra al Terrore, che sembrava aver funzionato così bene per le public relations del predecessore Ronald Reagan nei trendy Anni Ottanta – grazie in parte a una serie di spassose mitologie propagandistiche su una misteriosa e onnipotente “rete del terrore”, messe a quei tempi in circolazione dalla fantasiosa giornalista Claire Sterling in un libro intitolato The Terror Network, di cui già si è parlato in queste pagine. [6]
E in effetti, a guardare la cosa con il senno di poi, è stata proprio questa sorellina minore della Guerra alle Droghe a dimostrarsi la più salubre tra le due, a tutt'oggi più in salute che mai.
Sia come sia, per avere comunque una ruota di scorta a disposizione, George Bush senior si adoperò per fare del suo meglio e rinnovare la nixoniana crociata "contro le droghe" (sic), creando l'Office of National Drug Control Policy (ONDCP). Fu all'insegna della Guerra alle Droghe che venne invasa Panama, in quella che venne battezzata Operazione Giusta Causa (solo poche migliaia di panamensi uccisi... ma hey, era per una Giusta Causa, OK?), allo scopo di catturare il perfido generale Manuel Noriega e processarlo per crimini che aveva commesso pochi anni prima, essenzialmente quando si trovava ancora sul libro paga della CIA (insomma, ci doveva pur essere una ragione se l'ex direttore della CIA William Casey si riferiva a lui come “il mio garçon Noriega”, no?) [7]
È lecito supporre che il lungimirante George H W Bush già allora sapesse che le droghine avrebbero continuato a riversarsi dal Messico agli USA in quantità sempre maggiori - giustificando così una solida e duratura Guerra alle Droghe per anni a venire, con tutti i lucrativi contratti che ne sarebbero conseguiti – perché sapete, il nostro eroe e i suoi padroni avevano un prezioso asso nella manica che assicurava questo risultato: il famigerato North American Free Trade Agreement.
Affettuosamente noto come NAFTA, questo trattato, firmato nel 1992 dai presidenti di USA e Messico, nonché dal primo ministro del Canada, con le sue duemila pagine di intricate “regole d'origine” e di manovre per ripensare le tariffe e il commercio fra i tre paesi, già nel 1993 faceva sobbalzare l'esperto in commercio internazionale Jagdish N. Bhagwati della Columbia University, che scriveva: “Nonostante sia mascherato come questa grande mossa di libero mercato […] è evidente che la sua principale motivazione è protezionista: il Messico diventa il mercato preferenziale degli Stati Uniti” [8]; aggiungeva poi Tim Golden del New York Times: “Molti economisti prevedono che svariati milioni di messicani perderanno il lavoro nei prossimi cinque anni a partire dall'implementazione dell'accordo il primo di gennaio”. [9]
Una prevedibile conseguenza del NAFTA fu che, non potendo gli agricoltori messicani competere con prodotti agricoli USA, come grano e mais, che avrebbero cominciato a invadere il mercato messicano (pesantemente sovvenzionati dai contribuenti americani, e resi così artificialmente a buon mercato), essi si sarebbero trovati con due scelte: fallimento totale o cessione dei loro terreni a signori tanto gentili che ambivano utilizzarli per coltivarci colture un po' più lucrative: che ne so, poniamo, oppiacei? Coca? Cannabis?
La crescita esponenziale di coltivazioni illegali in Messico negli ultimi quindici anni, come conseguenza dell'imposizione del NAFTA sul Messico da parte degli Stati Uniti, è già stata abbondantemente documentata da autori come Charles Bowden [10], per chi volesse saperne di più.
Che cosa allora può mai essere andato storto in un piano che sembrava così perfetto?
Pieni d'apprensione, troviamo consolazione solo nel fatto che, parliamoci chiaro, non si butta nella spazzatura dall'oggi al domani un ideale che ha fornito il pretesto per costruire un immenso centro di spionaggio per l'intelligence USA nel mezzo di Città del Messico, residenza di uffici dell'FBI, DIA, NSA [11], e per l'utilizzazione di sette – dico sette – basi militari in Colombia – tra cui la base aerea di Palanquero per “il pieno spettro delle operazioni [e per] migliorare la nostra [degli USA, N.d.T.] capacità di condurre operazioni di Intelligence, Sorveglianza e Perlustrazione (ISR) e per migliorare la potenziale copertura globale” [12], più altre, svariate operazioni neo-coloniali.
Restiamo dunque rassicurati, nella quasi certezza che questa adorabile crociata potrà continuare con altri ingegnosi pretesti e sotto un'altra fantasiosa etichetta: osiamo proporre? OK, ehm... Guerra al Panico? Guerra all'Apprensione? Guerra al Malumore?
Massì, che importa: basta che continui a essere presente l'entusiasmo di sempre!
Yes We Can!

[1] Disponibile qui: http://www.globalcommissionondrugs.org/Report
[2] Tom Kavanagh:
George Soros Gives $1 Million to Back Legalized-Marijuana Ballot Measure, Politics Daily, pubblicato su:
http://www.politicsdaily.com/2010/10/27/george-soros-gives-1-million-to-back-legalized-marijuana-ballot
[3] Noe Torres (Reuters):
Thousands of Mexicans march to protest drug war, The Ottawa Sun, 8 maggio 2011, reperibile qui:
http://www.ottawasun.com/2011/05/08/thousands-of-mexicans-march-to-protest-drug-war
[4] William P. Litynski:
An Illustrated History of the China Trade and The Opium Wars,
http://www.scribd.com/doc/31032550/The-China-Trade-and-The-Opium-Wars
e, naturalmente, Webster Tarpley:
George Bush: The Unauthorised Biography, Capitolo 7 - Skull and Bones: The Racist Nightmare at Yale, disponibile su:
http://tarpley.net/online-books/george-bush-the-unauthorized-biography/chapter-7-skull-and-bones-the-racist-nightmare-at-yale/
[5] Anita Dancs:
The Cost of the Global U.S. Military Presence, 3 luglio 2009, pubblicato qui:
http://www.comw.org/qdr/fulltext/0907dancs.pdf
[6] Vedere:
http://ap0ti.blogspot.com/2010/05/perche-le-correzioni-non-funzionano.html
[7] John Perkins:
Confessions of an Economic Hit Man, Random House, 2005, p.174, reperibile anche su:
http://13heavens.blogspot.com/2009/03/us-invasion-of-panama-toc.html
[8] David Gardner,
FT, 13/14 febbraio; William Echikson, BG, 28 febbraio; Lionel Barber, FT, 16 aprile; Bob davis, WSJ, 17 settembre 1993. Bhagwati, Foreign Affairs, primavera del 1993. Rules of Origin, Michael Aho, International Affairs, gennaio 1993. Citato da: N. Chomsky: World Orders, Old and New, Pluto Press, London, edizione 1997, p.108. Citazione disponibile anche qui:
http://www.chomsky.info/articles/199401--.htm
[9] Tim Goldden:
THE FREE TRADE ACCORD: The Partners' Reaction; Mexican Leader a Big Winner As the Trade Pact Advances, The New York Times, 19 novembre 1993, pubblicato su:
http://www.nytimes.com/1993/11/19/us/free-trade-accord-partners-reaction-mexican-leader-big-winner-trade-pact.html
[10] Vedere:
http://www.desertinvasion.us/articles/art2005jun14.html
http://groups.google.com/group/frontera-list/msg/04fdb00bd443a92e
http://twopesos-protestfortheundocumented.blogspot.com/2011/05/charles-bowden-my-hero.html
[11] Jorge Carrasco and Jesus Esquivel:
Espía EU en México, pubblicato originalmente su Proceso e reperibile qui:
http://www.am.com.mx/nota.aspx?ID=43878
Per articoli in inglese:
North American Union – “U.S. Super Spy Center” Uncovered in Mexico,
pubblicato qui:
http://axisoflogic.com/artman/publish/Article_61674.shtml
[12] Vedere:
The U.S. Air Force and the Palanquero base, disponibile su:
http://www.soaw.org/about-us/partnership-america-latina/212-delegations/3471-the-us-air-force-and-the-palanquero-base

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