Sunday 17 July 2011

Dio muore - un saggio di Frances Farmer

Non vi sarà difficile trovare informazioni sulla star di Hollywood Frances Farmer (1913 - 1970), quindi non starò ad annoiarvi con dettagli sulla vita e la carriera di questa meravigliosa attrice, il suo spirito un po' troppo libero e il suo temperamento ribelle – “patologie” per le quali l'America degli anni '40 sembrava avere la cura: prigionia in un manicomio, iniezioni di insulina, massicci dosaggi di elettro-shock e trattamenti disumani. Posso tutt'al più puntarvi nella direzione di due articoli toccanti che parlano di lei. Pubblico ciò che segue perché quest'anno ricorre l'ottantesimo anniversario della sua stesura di un tema – intitolato Dio muore – che risultò nell'assegnazione del primo premio messo in palio dalla scuola dove si stava diplomando (West Seattle High School) nonché una sua menzione sui giornali locali (in particolare si ricorda lo sprezzante “Ragazza di Seattle Nega Dio e Vince Premio”). Buona lettura.

Dio Muore – di Frances Farmer

Nessuno venne mai a dirmi: “Sei scema. Non esiste Dio. Ti hanno presa in giro”. Non si trattò di un delitto. Penso che Dio morì di vecchiaia. E quando mi accorsi che non c'era più, non ne fui scioccata. Mi sembrò giusto e naturale.
Forse perché non ero mai stata veramente entusiasta di una o un'altra religione. Andavo al catechismo e mi piacevano le storie su Cristo e la stella di Natale. Erano bellissime. Quando ci si rifletteva, rendevano felici e scaldavano il cuore. Ma non le credevo. L'insegnante del catechismo parlava troppo alla stessa maniera del maestro delle elementari quando ci raccontava di George Washington. Storie carine, piacevoli, ma non vere.
La religione era troppo vaga. Dio era diverso. Lui sì che era reale, qualcosa che riuscivo a percepire. Ma c'erano solo alcuni momenti in cui potevo sentirLo. Rimanevo sdraiata in mezzo a fresche, lenzuola pulite la notte, dopo aver fatto il bagno, dopo esseri lavata i capelli e strofinata nocchie, unghie e denti. Allora riuscivo a restare sdraiata, completamente ferma al buio, con il viso verso la finestra che dava sugli alberi e a parlare con Dio. “Sono pulita adesso. Non sono mai stata più pulita. Mai sarò più pulita di così”. E, in qualche modo, era Dio. Non ero sicura che lo fosse... solo qualcosa di fresco e scuro e pulito.
Non si trattava di religione però. Aveva troppo di fisico. Non riuscivo a provare la stessa sensazione durante il giorno, con le mani nella risciacquatura dei piatti e il sole che picchiava sui tetti delle case, mettendone in risalto la sporcizia. E dopo un po' di tempo, perfino di notte, quella sensazione di Dio non durò. Cominciai a domandarmi che cosa intendesse il reverendo quando diceva: “Dio nostro padre vede cadere anche il più piccolo dei passeri. Estende lo sguardo su tutti i Suoi figli”. Quell'affermazione mi confondeva del tutto. Però ero certa di una cosa: se Dio era un padre, con figli, quella pulizia che avevo provato non era Dio. Così la notte, quando andavo a letto, pensavo: “Sono pulita, ho sonno” e andavo a dormire. Questo non mi impediva di sentirmi bene quando ero pulita. Semplicemente sapevo che Dio non c'era. Era un uomo su un trono, facile quindi da dimenticare.
In qualche occasione scoprii che era utile ricordarsene: specialmente quando perdevo cose importanti. Dopo aver messo sottosopra la casa, ansiosa e senza fiato dalla ricerca, potevo fermarmi nel centro di una stanza e chiudere gli occhi: “Ti prego Dio, fa' che trovi il cappello rosso con i fiocchi azzurri”. Normalmente funzionava. Dio era diventato un super-padre che non poteva sculacciarmi. Ma se volevo una cosa abbastanza intensamente, allora poteva procurarmela.
Mi accontentai di quella spiegazione fino a che non cominciai a rendermi conto che se Dio amava tutti i suoi figli allo stesso modo, perché si disturbava per il mio cappello rosso, mentre permetteva che altri bambini perdessero i loro padri e le loro madri per sempre? Iniziai a capire che Lui non aveva granché a vedere con cappelli, gente moribonda o chissà che. Queste cose succedevano che Lui lo volesse o no, mentre se ne rimaneva in cielo, facendo finta di non notare. Per un po' mi domandai perché Dio fosse una cosa così inutile. Mi sembrava una perdita di tempo averLo, dopodiché si ridusse ogni volta un po' di più, fino a diventare nulla.
Mi sentii piuttosto orgogliosa a pensare di aver scoperto la verità da sola, senza aiuto da nessuno. Mi sbalordiva che non l'avessero scoperta anche le altre persone. Dio se n'era andato. Eravamo stati giovani. Adesso però eravamo cresciuti e l'avevamo superato. Perché non erano in grado di vedere questa cosa? Mi sbalordisce tuttora.

Una versione originale si trova qui:
http://www.historylink.org/index.cfm?DisplayPage=output.cfm&file_id=4008


Fonti:
“Frances Farmer, "God Dies," The Scholastic, May 2, 1931, p. 14; “Frances Farmer Gets First Award In Essay Contest,” West Seattle Chinook, April 14, 1931, p. 1; William Arnold, Shadowland (New York: McGraw-Hill Book Company, 1978); Kyle Crichton, “I Dress as I Like,” Collier's, May 8, 1937, p. 31.

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